Uno dei processi più frequenti ed evidenti dopo la formazione di un sinkhole è “l’annegamento” (drowning), determinato dall’acqua presente nei terreni di copertura. Non è infrequente infatti che, al verificarsi di uno sprofondamento catastrofico, in un’area dove il tetto della falda dell’acquifero più superficiale è prossima alla superficie topografica, l’acqua di falda si riversi all’interno della depressione dando a questa la fisionomia di un piccolo lago.
Quando la profondità della voragine è pari o superiore alla quota piezometrica della falda, il lago viene alimentato da quest’ultima. In tale situazione il livello dell’acqua all’interno del piccolo lago subisce delle fluttuazioni stagionali, poiché strettamente collegato al livello piezometrico della falda, con minimi nella stagione estiva. In alcuni casi, durante la stagione secca, o periodi di magra si assiste al prosciugamento del lago.
In altri casi si osserva, invece, che il piccolo lago ormai formato non subisce nessuna variazione stagionale di livello; inoltre è possibile osservare sulla superficie del lago bolle dovute a risalite di gas. In questi casi si può accertare la presenza di piccole emergenze al fondo lago; quando la portata delle sorgenti al fondo è notevole, è possibile che si formi un piccolo emissario. In questo secondo caso è evidente l’esistenza di un acquifero in pressione, che ha esercitato un ruolo determinante nella formazione di una cavità sotterranea e nella evoluzione dello sprofondamento in superficie (es. Lago dell’Accesa (GR)).
Il fenomeno di annegamento potrebbe essere influenzato dalla presenza di acquiferi in pressione all’interno del substrato, ed i fenomeni di risalita di fluidi profondi (acqua e gas), nei sedimenti di copertura possono operare in maniera diretta sull’evoluzione di sprofondamenti catastrofici in superficie.
La risalita delle acque profonde, in alcuni casi studiati (aree di S. vittorino, (RI), Sezze (LT) etc. descritti nei capitoli successivi), potrebbe essere controllata da discontinuità (faglie, fratture) presenti sia nel substrato che nella copertura sedimentaria; quest’ultima può raggiungere spessori anche notevoli (100-200 m). In questi casi il sinkhole potrebbe essere così in collegamento con l’acquifero basale attraverso un condotto che ha le stesse caratteristiche di un pozzo artesiano che capta in profondità.
Tale processo è stato in alcuni casi suffragato da analisi geochimiche delle acque e dei gas disciolti che hanno confermato l’origine profonda (CIOTOLI et alii, 1998, 2000).
I fenomeni di annegamento a cui si è assistito in epoca recente sono pochi, i più esemplificativi si riscontrano in Toscana: il sinkhole del Bottegone (BERTI et alii, 2002) e quello di Camaiore (BUCHIGNANI, 2002 BUCHIGNANI & CHINES, 2002, D’AMATO AVANZI et alii, 2002); quest’ultimo è stato ricolmato artificialmente in tempi molto rapidi.
Il secondo fenomeno a cui può essere sottoposto un sinkhole dopo un certo numero di anni dalla sua formazione è l’estinzione: la voragine può, infatti, con il passare del tempo, prosciugarsi e ricolmarsi fino ad estinguersi.
Sono molti i casi di colmamento naturale di sinkholes in Italia (NISIO 2003, NISIO et al. 2004, CAMPOBASSO et al. 2004): si possono segnalare voragini ricolmate nella Piana di S. Vittorino, alcuni fenomeni nell’area del Fosso di S. Martino, Capena (Roma), dove erano presenti sei voragini ospitanti laghetti, di cui solamente una è attiva ancora oggi, ma sembra anche essa ormai in via di estinzione (il Lago Puzzo).
Le cause dell’estinzione dei sinkholes sono tutt’ora da chiarire ma si possono fare alcune ipotesi.
Una prima causa è un eventuale apporto detritico da vicini torrenti o alvei o da materiale detritico e colluviale di vicini versanti.
Il franamento delle sponde della cavità può determinare il progressivo aumento del diametro della stessa e la diminuzione della profondità fino al livellamento progressivo delle pendenze.
Ulteriore possibilità è che non sussistano più con il tempo le condizioni per le quali il sinkhole si è generato, quindi venga a mancare l’apporto di acque sorgive al fondo e di fluidi gassosi (a causa della migrazione di sorgenti o per la variazione della circolazione idrica sotterranea o del livello piezometrico). Il sinkhole tenderebbe quindi a prosciugarsi fino ad estinguersi. Tali condizioni possono variare anche in un evento unico come per esempio un sisma. I terremoti possono pertanto essere sia la causa di innesco che della scomparsa di un fenomeno di sinkhole.
E’ evidente che differenti condizioni possano sussistere nello stesso luogo e sovrapporsi.
L’attività antropica è ovviamente un’ulteriore causa: è pratica comune nei campi l’interrimento delle voragini per non provocare il deprezzamento del terreno o per poter edificare.
I sinkholes estinti possono riaprirsi nella medesima posizione, oppure essere sottoposti ad altri episodi di crollo repentino che possano variarne la morfometria (aumento di diametro e/o aumento della profondità).
La spiegazione al fenomeno di riattivazione è il probabile ripristino, dopo una fase di stasi, delle condizioni che hanno portato alla formazione (eventi sismici, attività antropiche, eventi alluvionali etc).
In alcuni casi la riattivazione dei fenomeni non avviene nella medesima posizione dell’originario sprofondamento ma ad una certa distanza: in tal caso si parla di migrazione del sinkhole. Comprendere se c’è una direzione preferenziale della migrazione è ancora oggetto di studio, così come per le cause della migrazione dei fenomeni.
La migrazione dei sinkholes tuttavia potrebbe essere spiegata con una variazione dei percorsi di risalita dei fluidi in seguito ad eventi sismici e alla conseguente attività delle principali faglie.. Altrimenti potrebbe trattarsi di semplici ripetizioni a distanza di stessi fenomeni legati per lo più semplicemente alla risalita della falda in pressione.